“ISTRUZIONI” PER LA LETTURA dell’opera “TANTO HO SOGNATO WIMBLEDON, KE L’HO ADDIRITTURA WINTO (!)”

Il racconto presenta una particolarità: è, infatti, caratterizzato dall’avere due distinte e diverse conclusioni, una congenita all’opera ( parte finale della stessa ) ed una redatta successivamente.

Il lettore avrà così modo di optare per la prima soluzione, quella originaria oppure, per quella successivamente redatta e separatamente proposta (costituente l’alternativa alla conclusione del racconto), intitolata: “WELKOME BACK” NEL CIELO DI WIMBLEDON., che risulta un’appendice che il lettore potrà aggiungere all’acquisto del libro.

Maurizio Castelli

Opera consigliata abbinabile:

“WELKOME BACK” NEL CIELO DI WIMBLEDON.

Con Wimbledon nella testa

(Recensione di Claudio Gilardelli tratta da “UBI TENNIS” UBALDO SCANAGATTA’S TENNIS WORLD del 21/04/2011. www.ubitennis.com )

Trionfare a Wimbledon è il sogno di tutti, professionisti e non. Vincere sui prati inglesi è però un’impresa riuscita a pochi campioni e mai ad un italiano. Fino ad ora. Ce l’ha fatta Maurizio Castelli, che ha messo in fila, tra gli altri, Nadal e, in finale, il suo idolo, Re Roger Federer. Fantatennis? No, è il racconto che lo scrittore di Caravaggio ci ha mandato in redazione. Claudio Gilardelli

“Chissà perchè ho sempre immaginato di vincere Wimbledon.
Kissà perché se uno mi chiede che cosa vorresti, se potessi ottenere tutto quello che vuoi, istintivamente rispondo: “ALZARE LA COPPA AL CIELO SUL CENTRALE DI WIMBLEDON”! .
Può essere che io nella vita non abbia fatto null’altro o quanto meno che io non abbia pensato a nìent’altro…può essere ma chissenefrega….
Kissà perché pensavo così all’età di 13 anni & penso così ancora oggi che ne ho 43; sarà, che son rimasto bambino, sarà che non ho mai voluto “crescere “… ma qualunque sia il motivo, una cosa è certa: a me capita di pensare anche di “peggio” e cioè che, un giorno, potrei ancora farcela!”

Se vi state chiedendo, dopo aver letto queste righe, se il correttore automatico del programma di scrittura del mio computer sia rotto, la risposta è no.
È semplicemente questo modo in cui inizia il manoscritto “Tanto ho sognato Wimbledon ke l’ho addirittura winto” di Maurizio Castelli, bergamasco, lettore di Ubitennis, avvocato e docente di Diritto e Economia, con aspirazioni da scrittore (e non solo a giudicare dal titolo della sua prima opera letteraria).
La storia è semplice: è il racconto di un “lucidissimo sogno” ambientato nel tempio del tennis, Wimbledon. È il 2006 e Roger Federer insegue la sua quarta vittoria consecutiva ai Championships: nella realtà riuscirà a conquistare il titolo a spese di Rafael Nadal, alla sua prima finale, ma nella finzione le cose andranno in modo ben diverso. Il Re dovrà fare i conti con l’inimmaginabile: un giocatore italiano (!) “come ce ne sono tanti, sparsi nei circoli tennistici di tutto il mondo ” ma con un sogno che gli “sta addosso quasi come la vita; come a Maldini sta appiccicata la maglia rossonera col 3 sulla schiena, che non si stacca neanche se lo metti in ammollo nella candeggina per una settimana intera”. Arriverà a Wimbledon da sconosciuto, otterrà una wild card in modo rocambolesco e…

È già difficile di per sé recensire un libro, soprattutto per chi, come me, non lo fa di professione. Lo è ancora di più se lo scritto è così ‘particolare’, come quello di Castelli. Il dilemma, per quanto mi riguarda, è sempre lo stesso: come si distingue l’originalità dalla presunzione di essere tale? L’opera di Castelli, composta da 54 pagine realizzate tra agosto e dicembre del 2006 (equivalenti a “12.739 parole dattiloscritte”, come ci tiene a precisare l’autore) possiede sicuramente questa qualità. Magari non nel soggetto, certamente però nella struttura narrativa e nel registro, nello stile linguistico adottati.

“Lo scenario naturale per un fanatico/appassionato di tennis come me”, dice Castelli “non può che essere Wimbledon, il Luogo Sacro, il Tempio, l’Olimpo del Tennis. In verità, Wimbledon, è una sorta di “parte della mia mente” che ne coinvolge pensiero e psiche. Questo stato di cose mi ha, per così dire, indotto a veicolarmi nel racconto in prima persona, adottando come profilo narrativo una versione che può dirsi “live”. La passione per il tennis, poi, mi ha spinto a soffermarmi spesso durante la narrazione a riflettere sulle sue dinamiche, sulla tecnica e i risvolti psicologici, ma anche, sulla sua storia, attraverso alcuni ritratti descrittivi (una forma di” racconto nel racconto”) di alcuni eccellenti protagonisti di questo sport, autentici totem sia nazionali (un intero capitolo è dedicato a Panatta, Barazzuti, Bertolucci, e Zugarelli, “i quattro moschettieri”, ndr) sia mondiali :Federer, Nadal, McEnroe e Borg “.

Gli otto capitoli che compongono lo scritto sono, inoltre, inframmezzati da venti immagini selezionate, rielaborate o create da Castelli stesso che hanno funzione “veicolante quale suggestivo rimorchio al con-testo”, come spiega l’autore.
Ma, non solo: il tratto distintivo di questo manoscritto è senza ombra di dubbio l’impiego di caratteri scritturali eterogenei che rappresenta una vera e propria scelta espressiva. L’uso di “font” differenti nello stesso paragrafo, l’utilizzo singolare della punteggiatura, colorazioni diversificate delle parole o delle lettere, l’alternanza di corsivo e grassetto, corpo del testo che va da molto grande a estremamente piccolo da un capitolo all’altro, sono tutti stratagemmi che rendono molto bene l’aspetto “ironico-onirico” del racconto.

“Volevo offrire, proprio nella fase della lettura, una sorta di tonalità o espressività visiva a ciò che viene, via via esposto. È, insomma, un modo di animare, anche otticamente il racconto, un ‘esigenza di fare “pulsare ” ciò che scrivo, un tentativo quasi “dadaista ” di vivere il mio scritto. L’utilizzo di quei caratteri funge, quindi, da supporto al mio modo di esprimermi, al mio modo di essere: si può dire che, in quelle situazioni, io “gioco a scrivere” e lì mi diverto! Questo mio modo di scrivere ha, alcune assonanze col mio modo di giocare ed interpretare il tennis (servizio e volée, gioco aggressivo e continue variazioni di ritmo). Insomma, probabilmente, scrivo come gioco e quella forma utilizzata non è altro che l’espressione di quello che io sono giocando. E’ proprio come quando gioco a tennis: mi rifiuto di pormi uno schema da seguire, andando a colpi d’istinto, liberando l’idea “.

E ancora, sull’utilizzo di un linguaggio tipico degli sms (kissà in luogo del più ortodosso chissà, winto per vinto, & invece di e, per fare alcuni esempi):

“È senz ‘altro in parte voluto ed in parte frutto di inevitabili contaminazioni del vivere moderno, (ahimè) rapido-accelerato, perfino “senza senso ” a volte, ed è in contrasto con alcune riflessioni sparse nel testo, apparentemente di natura nostalgica e dal sapore di “passione tennistica antica ” ma che in realtà vogliono, invece, essere degli spunti per pensare se è effettivamente il caso di correre così tanto, di “ bombardare a destra e a sinistra “, di “remare da fondo campo come dei forsennati”, con tutti gli annessi e connessi, non propriamente positivi che ne derivano, a discapito della qualità…del vivere sano!”

Claudio Gilardelli